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Credits: © Gabriele Valota Enologo
Gabriele Valota, bergamasco classe 1992, è un giovane enologo italiano, ma con un importante curriculum professionale. Laureato in Viticoltura ed Enologia presso l’Università degli Studi di Milano, nel 2016, inizia il suo percorso professionale collaborando con il Consorzio per la Tutela del Franciacorta, l’Università degli Studi di Milano e con alcune prestigiose aziende vitivinicole in un progetto volto al contrasto degli effetti del cambiamento climatico, grazie al recupero del vitigno autoctono bresciano Erbamat.
Da diversi anni, è membro dei Tecnici Degustatori dei vini Doc e Docg di Regione Lombardia e partecipa come membro della giuria in diversi concorsi enologici nazionali e internazionali. È docente ai corsi istituzionali per assaggiatori di vino ONAV e docente di vitivinicoltura presso Accademia Symposium.
Dal 2019, è Coordinatore Assoenologi Giovani della Sezione Lombardia Liguria e Segretario Nazionale Assoenologi Giovani.
Attualmente, svolge la libera professione come Consulente Enologo in tutta Italia, per lo più sul territorio lombardo e svizzero, occupandosi, prevalentemente, di spumantizzazione con metodo classico, viticoltura biologica e varietà resistenti alle malattie fungine (Piwi).
Come e quando è nata la passione per il vino?
La passione per il vino è nata per caso, frequentando l’ultimo anno di studi presso l’Istituto Tecnico Agrario G. Cantoni di Treviglio. Durante il 5° anno ebbi modo di studiare la vite e il vino, partecipai attivamente al laboratorio di microvinificazione e, tra un rimontaggio e l’altro, nacque la passione per l’enologia.
Quando ha deciso che l’enologo sarebbe diventata la sua professione?
L’anno successivo. Appena diplomato trovai fin da subito impiego presso un’importante azienda alimentare della zona, il Salumificio Fratelli Beretta ma, dopo un anno di lavoro, nonostante la stima e la fiducia guadagnata dai miei colleghi e datori di lavoro, un senso di insoddisfazione mi portò a domandarmi: voglio davvero fare questo lavoro per i prossimi 40 anni? Forse, non è il caso di trovare un lavoro che possa valorizzare il percorso scolastico fin ora intrapreso?
Detti le dimissioni e mi iscrissi al corso di laurea in Viticoltura ed Enologia presso l’Università degli Studi di Milano.
Successivamente, nel corso degli studi universitari, il tirocinio e la tesi di laurea mi portarono a lavorare in Franciacorta per l’azienda Barone Pizzini dove ebbi la fortuna di firmare un contratto di lavoro a tempo indeterminato ancor prima di conseguire la laurea e quindi il titolo di Enologo. Tuttavia, anche in questo caso, dopo alcuni anni di lavoro, l’ambizione mi portò a domandarmi: voglio davvero fare il cantiniere per i prossimi 40 anni? Quali sono le prospettive di crescita e i traguardi che potrei raggiungere nel medio e lungo termine?
Alla fine, dopo diversi mesi di indecisione (perché, comunque, amavo quell’azienda e il mio lavoro), detti le dimissioni e aprii la Partita Iva come consulente enologo.
Quanto è importante per un enologo entrare in empatia con le persone che curano quella vigna e quelle colline?
Direi fondamentale. L’empatia è quella chiave che ti permette di stare sulla stessa lunghezza d’onda. Penso che un bravo enologo, per farsi interprete di una filosofia e di un territorio, debba essere un buon ascoltatore e un buon camminatore. Camminare in vigneto, oltre che in cantina, mi permette di poter conoscere al meglio il territorio, le caratteristiche di ogni singolo vigneto e le persone che vi lavorano a stretto contatto. Solo così è possibile tradurne in cantina il potenziale viticolo; solo così è possibile valorizzare al meglio le differenze di ogni singolo appezzamento.
Nell’immaginario collettivo degli appassionati di vino, dunque, non professionista, è il sommelier la figura più nota all’interno della catena “vino” mentre l’enologo lavora “dietro le quinte”. Quanto, secondo la sua esperienza, le due figure sono (se lo sono), in contrapposizione e quanto, al contrario, sono (se lo sono) complementari?
Incontrando numerosi appassionati di vino spesso mi è capitato di dover spiegare loro la differenza tra enologo e sommelier.
L’enologo è un tecnico, generalmente laureato, che prevalentemente cura tutto il processo di vinificazione, dalla vendemmia alla bottiglia.
Il sommelier è, invece, un professionista che ha superato un corso o un addestramento e che si occupa della selezione dei vini e della loro presentazione, della mescita e dell’abbinamento cibo-vino. A mio avviso, sono due figure complementari.
L’enologo è anche una figura controversa, acclamata dai più, ma anche oggetto di forti critiche da altri. Siete accusati di “creare” vini che devono soddisfare i canoni delle guide, insomma piacere a tutti. Fantasie, oppure c’è, in alcuni casi, una base di verità?
Personalmente, nel produrre un vino metto al primo posto l’appagamento personale e del produttore, se poi questo incontra anche il gusto dei consumatori ne sono felice. In questo momento, ho la fortuna di prestare la mia consulenza ad aziende di medie e piccole dimensioni che, per loro natura, non risentono in modo evidente le tendenze di mercato. Tuttavia, più le aziende si ingrandiscono e più devono, inevitabilmente, assecondare, entro certi limiti, le mode del momento.
Un suo pregio e un suo difetto, professionalmente parlando.
Solitamente, lascio che siano gli altri a giudicarmi. A ogni modo, un mio difetto è quello di essere molto critico con me stesso e con le aziende con cui collaboro anche se i vini ottengono riconoscimenti e consensi da parte dei consumatori.
Un mio pregio è quello di lavorare con passione. Tengo molto a offrire alle aziende con cui collaboro una consulenza di qualità più che di quantità. Amo coltivare rapporti umani oltre che professionali, per questo motivo tendo a non cronometrare il mio tempo durante i sopralluoghi in azienda.