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Credits: © Azienda Agricola Elena Fucci
Può sembrare una frase fatta affermare che “le donne hanno una marcia in più”ma, quando si parla di Elena Fucci, titolare dell’omonima azienda agricola, questa citazione calza in modo perfetto.
Non è facile portare avanti un progetto vitivinicolo a prescindere, specialmente se sei donna, se per tutti gli anni della tua infanzia hai sempre coltivato il desiderio di vivere la tua vita lontano dalle terre che ti hanno dato i natali.
La storia di Elena, quella di imprenditrice folle (come ama definirsi lei), nasce dalla presa di coscienza di provare a dare un futuro a quanto realizzato dal nonno, oppure prendere la, sofferta, decisione di cambiare radicalmente vita.
L’incontro con Elena, e il marito Andrea, export manager presso l’azienda, si tiene non in cantina, ma nella hall di un hotel dove, di lì a breve, avrebbe condotto una verticale su “Titolo”, aglianico in purezza dalle note complesse e armoniche, sintesi del carattere e del talento di Elena ed espressione di territorio unico come il Vulture.
Chi è Elena Fucci?
Elena Fucci è un’incosciente. Una donna che, all’età di 18 anni, vent’anni fa, quando nessuno, o meglio pochi, parlavano di vino e di cibo, ha studiato viticoltura ed enologia nonostante non vi fosse in famiglia una tradizione. I miei genitori sono entrambi insegnanti, il mio bisnonno e mio nonno avevano i vigneti, ma non vinificavano, infatti vendevano tutte le uve. La scelta è stata difficile o iniziare a produrre vino oppure vendere casa e vigneti. Immagino sia facile immagine come è andata la storia.
Ma il suo sogno nel cassetto qual era?
Al termine della scuola superiore volevo studiare ingegneria genetica, poi, di fronte all’eventualità di veder venduti i luoghi dove avevo trascorso la mia infanzia, la mia parte folle ha preso il sopravvento e ho deciso di cambiare progetto e inseguire un altro sogno.
Come sono stai gli inizi?
Tutto è iniziato con leggerezza. Non ho mai pensato, almeno all’inizio del progetto, ai numeri, sono partita con 1200 bottiglie con tanta umiltà e una gran voglia di imparare. In modo consapevole, ho iniziato ad investire sull’attività ed è iniziato quel percorso di crescita che mi ha permesso di raggiungere interessanti traguardi. Oggi, il vino attrae uomini e donne di varie estrazioni sociali e professionali, suscita curiosità e interesse, quando ho iniziato, per una donna, era tutto una scommessa.
Come immaginava il suo futuro ai tempi della scuola?
Sicuramente, fuori dalla mia regione, Barile era un piccolo paese di 1500 abitanti, il desiderio di ogni giovane era di “fuggire” di andare altrove, non importava dove, invece la vita ha avuto un disegno diverso”.
Qual è il segreto del suo successo?
Nella vita occorre sempre un pizzico di fortuna, trovarsi al posto giusto nel momento giusto, comunque occorre lavorare con serietà, con professionalità e non si può prescindere da un solido bagaglio di conoscenze. Per quanto mi riguarda ritengo che trovarsi al passo con i tempi, con investimenti che migliorino non solo qualitativamente ma, soprattutto, qualitativamente il lavoro sia un aspetto fondamentale per avere successo. Poi, devi essere supportato da chi sta vicino. Da soli non si va da nessuna parte.
D. Perché puntare su un’unica etichetta?
E.F. Ho voluto investire sul principe dei vitigni per questa zona: l’aglianico. Avendo sei ettari di viti di di età variabile dai 55 ai 70 anni, ho deciso di puntare in modo esclusivo su un monovitigno e un monoetichetta, di grande qualità.
Perché il nome “Titolo”?
“Titolo” è la contrada dove viviamo, un modo per rafforzare un legame con il territorio, Solagna del Titolo è il nome completo utilizzarlo per intero avrebbe generato un po’ di confusione specialmente con gli stranieri. Il nostro prodotto “Aglianico del Vulture” e il nome dell’azienda Elena Fucci avrebbe prodotto un’etichetta di difficile lettura. La semplicità è stata la carta vincente.
Una volta hai affermato che il tuo lavoro non è viticoltura bensì giardinaggio puoi spiegarci questa tua affermazione?
Abbiamo dalle 8000 alle 10000 piante ad ettaro il nostro approccio è totalmente manuale. Nelle vigne più vecchie anche la lavorazione del terreno è fatta a mano, lo stesso taglio dell’erba è fatto a mano, per questo motivo considero il nostro modo di operare in vigna una sorta di giardinaggio per la cura e l’attenzione che abbiamo verso le nostre piante, proprio come quella di un giardiniere che si dedicata ad una sola pianta. Seguo personalmente ogni fase delle lavorazioni in vigna come ogni fase di controllo in cantina.
Il successo è sempre fonte di rinunce e sacrifici, a cosa ha dovuto rinunciare Elena Fucci?
E.F. Sinceramente, solo adesso, mi rendo conto che non ho avuto una giovinezza spensierata, a vent’anni mentre i miei coetanei programmavano le vacanze ad Ibiza io ero presa dai mille impegni, professionali ed economici, che la vita del viticoltore impone. Certo, poi ho avuto grandi soddisfazioni, adesso vado a Ibiza e in giro per il mondo promuovendo il frutto del mio lavoro. Il vino mi ha rubato la spensieratezza degli anni migliori, ma se da una parte mi ha tolto mi ha dato molto sotto altri aspetti.
Fa parte del Associazione Donne del Vino, può raccontare la tua esperienza?
Non è molto tempo che faccio parte di questa associazione, ma ho potuto da subito apprezzarne le attività e i valori. La forza del gruppo sta nella sua eterogeneità dei ruoli e dei lavori delle varie donne che lo compongono: ristoratrici, sommelier, produttrici, giornaliste questo genera un confronto a 360° nell’universo del vino. Donatella Cinelli Colombini ha creato una famiglia dove ciascuna donna che lo compone, con il proprio ruolo, funge da volano per sé e per gli altri, non la classica associazione che si ritrova una volta l’anno per scambiarsi gli auguri, bensì un gruppo vivo pulsante e proiettato verso il futuro.
Le donne del vino quanto incidono nel mondo del vino?
Come donna non ho mai subito la presenza maschile come ostacolo al mio lavoro. Ho avuto la fortuna di confrontarmi sempre con produttori che hanno riconosciuto in me la professionalità e non l’essere donna. La professionalità, come la conoscenza non fa altro che dare autorevolezza alla propria professione, forse sono stata fortunata a incontrare le persone giuste. Il mio sapere è stato il volano migliore per affermarmi e, di conseguenza, essere rispettata e apprezzata. Questa è stata un grande soddisfazione personale.
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