Credits: © Ph. Vittorio Festa Enologo
La cantina è il cuore pulsante dell’azienda vitivinicola. In essa, si fondono la manualità degli operatori e il sapere dell’enologo. A ciò si aggiunge la tecnologia, elemento ormai irrinunciabile ma che, secondo alcuni, ha tolto la poesia di un lavoro che si perde nella notte dei tempi.
Chiediamo all’enologo Vittorio Festa il suo parere in merito.
Qual è il suo parere sull’affermazione: “Il vino non si fa più in vigna, ma solo in cantina”? Una frase fatta o nasconde un fondo di verità?
È un’affermazione troppo superficiale e offende il lavoro del viticultore e di chi lavora in vigna. Potremmo dire che partire da uve sane, e raccolte al giusto grado di maturazione, rende molto più semplice l’operato di chi lavora in cantina. Il lavoro in vigna è determinante sul vino che si andrà ad ottenere.
La tecnologia in cantina quanto ha migliorato e quanto spersonalizzato il lavoro dell’enologo?
Personalmente, non credo passerà mai il concetto che sono le attrezzature o l’uso di alcuni lieviti a determinare la qualità del vino. Per produrre vino di qualità non c’è una ricetta, ma ci sono tante variabili e l’uva è il principale elemento e il modus operandi in cantina sarà adeguato alla materia prima che varia di anno in anno in base all’andamento climatico. Altrimenti, significherebbe assimilarlo ad una bevanda industriale. L’innovazione, la ricerca, la sperimentazione hanno portato a un miglioramento di tutta la filiera, benefici che riscontriamo dalla vigna alla bottiglia con un controllo che va dalla concimazione fino all’imbottigliamento. Oggi, siamo in grado di monitorare tutto: da un trattamento in vigna all’ossigeno presente nella bottiglia e questo ci permette di migliorare la qualità del vino, ad esempio, la tecnologia ha permesso di contenere o eliminare molti additivi e coadiuvanti utilizzati in passato.
Secondo la sua esperienza a quale strumento tecnologico, oggi, è impossibile rinunciare?
Istintivamente, potrei dirne due cose: Pompe di qualità indispensabili che garantiscono una movimentazione del vino e che trattano in modo delicato il vino per ridurre le ossidazioni.
Altro aspetto è la gestione delle temperature che è fondamentale sia nella fase della fermentazione dei mosti sia nell’ affinamento e stoccaggio che nella fase dell’imbottigliamento.
Il rapporto centrale all’ottenimento del vino rimane sempre l’uomo e la sua esperienza e competenza e la materia prima.
Quali sono le principali criticità di una cantina e qual è il suo modus operandi per porvi rimedio?
Questa risposta è molto ampia e ci vorrebbe molto tempo per approfondire il discorso. Il vino ha una filiera molto complessa che parte dalla vigna all’imbottigliamento e oltre. Ogni fase di lavorazione ha le sue criticità (basti pensare che partiamo dall’uva e arriviamo al vino.) Chiaramente, la soglia di criticità potrebbe essere sulla fase dell’imbottigliamento e pre-imbottigliamento/filtrazione. Tutte le fasi possono essere a rischio (a volte i lavori sono stati vanificati per una gestione superficiale nell’ultima fase oppure la scelta di un tappo non adeguato) se non monitorate. La tecnologia non è sempre la garanzia che tutto vada bene, se non usata nel modo giusto e soprattutto monitorata continuamente. È sempre la presenza dell’uomo che fa la differenza.
Nel suo immaginario, come dovrebbe essere strutturata la sua cantina ideale? È riuscito a trovarla in qualche azienda?
La perfezione no ma il cuore e l’anima sì.
La filosofia del lavoro è anch’essa fondamentale per sapere quale vino si vuole fare. La tecnologia ci permette oggi di migliorare anche sull’aspetto dell’igiene, quindi non è detto che la tecnologia faccia il vino migliore. Non sempre si possono avere tutti i mezzi di cui si necessita e, quindi, subentra l’uomo che deve sapere sfruttare i mezzi a disposizione anche con delle modifiche fatte ad arte e adeguate alle esigenze specifiche. Ovviamente, senza creare problemi al vino, salvaguardare la qualità. Con un po’ di inventiva e creatività si può trovare la giusta soluzione lavorando con un team, senza acquistare tutto il materiale. Quello che serve sono assolutamente: l’enologo e la sua competenza, la creatività del produttore e del gruppo e naturalmente una grande passione per il proprio lavoro: creare anche quando non c’è tutto ciò di cui si ha bisogno.
Ho avuto la possibilità, in alcuni casi, di assaggiare vini in cantine bellissime, tecnologicamente perfetti ma senza anima e personalità. Al contrario, mi sono ritrovato in cantine senza tecnologia e ritrovato, nel calice degustato, vini di grande personalità, carattere e anima dove il produttore riesce a trasmettere tutte queste emozioni.