The Wolf Post, supported by a Cultural Association, offers a professional service with free access, without subscription.
For this reason, a donation would also be a sign of appreciation for our work.
Credits: © Ph. Paolo Peira Enologo
La cantina è il cuore pulsante dell’azienda vitivinicola. In essa, si fondono la manualità degli operatori e il sapere dell’enologo. A loro supporto la tecnologia, elemento ormai irrinunciabile ma che, secondo alcuni, ha tolto la poesia di un lavoro che si perde nella notte dei tempi.
Chiediamo all’enologo Paolo Peira il suo pensiero sul tema.
Qual è il suo parere sull’affermazione: “Il vino non si fa più in vigna, ma solo in cantina”? Una frase fatta o nasconde un fondo di verità?
In enologia, come probabilmente in altri ambiti, gli slogan per quanto pieni di fascino, sono spesso fuorvianti e troppo generali. Volendo sintetizzare, potremmo ribadire che il vino rosso di qualità, essendo il risultato di una macerazione del mosto con le bucce, necessita di uve perfette, sane e mature. Nonostante la tecnologia abbia fatto passi da gigante negli ultimi quarant’anni, rimane, purtroppo, impossibile produrre un vino di qualità con uve poco sane. Al contrario, nella produzione dei vini bianchi potremmo affermare che la tecnologia di cantina potrebbe rivelarsi l’arma vincente anche nei casi in cui le uve risultino imperfette, proprio in virtù del fatto che le bucce vengono eliminate immediatamente e in sostanza non entrano negli stabilimenti enologici.
La tecnologia in cantina quanto ha migliorato e quanto spersonalizzato il lavoro dell’enologo?
Non dimentichiamo che, dietro le scelte delle tecnologie impiegate e dei materiali innovativi, c’è sempre un enologo che prende le decisioni e decide quali siano i percorsi produttivi migliori per ciascuna tipologia di uva, nell’obiettivo di ottenere quel vino che si era prefissato. Io credo, al contrario, che osservando i vini bianchi e rossi che venivano prodotti negli anni ‘70 e parte degli anni ‘80 si percepiva proprio una certa omologia di produzione nonostante le varietà impiegate e le diverse aree viticole. La virtù principale che quei vini dovevano possedere non era certo un profilo sensoriale ineccepibile, e rispondente alla varietà, quanto piuttosto il raggiungimento delle stabilità chimico-fisiche. Per questo motivo i vini venivano sottoposti a numerosi trattamenti e filtrazioni, riducendo in questo modo le specificità legate alle zone di produzione.
Secondo la sua esperienza a quale strumento tecnologico, oggi, è impossibile rinunciare?
Gli strumenti tecnologici di cui disponiamo attualmente sono numerosi e a seconda della zona di produzione e dello stile di vino che si produce possono variare. Ciò che risulta essere essenziale nel sud dell’Italia probabilmente nel Nord potrebbe non avere lo stesso valore. Certamente, l’impiego del freddo e dei lieviti secchi attivi sono stati due traguardi che hanno migliorato enormemente la qualità dei vini prodotti, soprattutto si è riusciti a pilotare e gestire meglio l’intero processo, evitando le deviazioni microbiologiche che sono sempre da tenere sotto controllo.
Quali sono le principali criticità di una cantina e qual è il suo modus operandi per porvi rimedio?
Numerose sono le criticità che una cantina e un enologo devono sostenere e affrontare. In primo luogo, la scelta della data di vendemmia. Inoltre, bisogna assicurarsi che la fermentazione alcolica si completi e che non rimangano tracce di zucchero. Per i vini rossi, assicurarsi, inoltre, l’innesco della fermentazione malolattica e, soprattutto, procedere alla solfitazione appena questa si è conclusa, evitando, come spesso accade, di lasciare il vino a lungo in presenza dei batteri lattici. Per i vini di assemblaggio, ovviamente una delle grandi difficoltà alle quali siamo chiamati è quella di garantire una certa ripetitività nello stile del vino, pur partendo da basi che, ovviamente, sono diverse ogni anno. Si pone rimedio a queste criticità attraverso l’analisi sensoriale, quotidiana, di tutti i serbatoi presenti in cantina, e, ovviamente, con l’ausilio di un laboratorio di analisi preciso e affidabile.
Nel suo immaginario, come dovrebbe essere strutturata la sua cantina ideale? È riuscito a trovarla in qualche azienda?
Il fattore fondamentale all’interno di uno stabilimento enologico è che ci sia un organigramma preciso in cui ciascuno conosce il ruolo che deve assolvere. Infatti, talvolta, è proprio nell’organizzazione aziendale che si possono riscontrare alcune criticità, tanto più se si tratta di aziende familiari in cui i membri della famiglia partecipano all’intero processo.