Torgiano è un borgo suggestivo, situato in provincia di Perugia. Testimonianze archeologiche confermano che il territorio era abitato già in epoca romana. Un piccolo scrigno, ricco di arte e di storia, dove è possibile ammirare, tra l’altro, la Torre Baglioni, la Fonte di Giano e la Fonte dei Cocciar ma anche edifici religiosi di valore come la Chiesa di San Bartolomeo, la Chiesa di Santa Maria del Castello, la Chiesa della Madonna dell’Ulivello e l’Oratorio della Misericordia.
Torgiano ospita anche due musei di rilievo, entrambi gestiti dalla Fondazione Lungarotti: il Museo del Vino, uno dei più noti musei enologici in Italia, ideato e realizzato, nel 1974, da Giorgio e Maria Grazia Lungarotti, con sede nel seicentesco Palazzo Graziani-Baglioni, e il Museo dell’Olivo e dell’Olio, ubicato in un nucleo di abitazioni medioevali, all’interno delle mura castellane, dove sono custoditi documenti, incisioni, recipienti d’epoca per la conservazione e altri oggetti storici.
MUVIT è molto di più di un museo del vino. Esso è la storia narrante di una regione dalla antica e nobile tradizione agricola e vinicola. Scopriamo di più attraverso le parole di Maria Grazia Marchetti Lungarotti, storica dell’arte, ideatrice e curatrice dei due Musei MUVIT e MOO, oggi gestiti dalla Fondazione Lungarotti Onlus.
Dott.ssa Lungarotti, il MUVIT è una delle realtà più influenti a sostegno della divulgazione della cultura vinicola che non può dimenticare un passato ricco di storia. Com’è nata, nel 1974, l’idea di creare un museo a Torgiano e di ospitarlo all’interno delle sale di Palazzo Graziani- Baglioni?
Prima di avviare il discorso sulla creazione del Museo sono necessari lunghi passi nel tempo. L’idea del Museo nasce decenni prima della sua apertura al pubblico, avvenuta nel 1974; erano gli anni rimasti in campo agricolo come “i tempi della rivoluzione enologica”: alcuni viticoltori superarono l’eco della disastrosa filossera e compresero che territori a naturale vocazione viticola erano da dedicare non più alla quantità (fine tuttora permanente) ma alla qualità. Giorgio Lungarotti, mio marito, fu il primo in Umbria e, mirante ad un allineamento ai grand cru, trasformava la vecchia azienda di famiglia in vitivinicola specializzata.
Il successo fu immediato e, nel 1968, arriva la prima DOC per l’Umbria per il Torgiano Rosso e il Torgiano Bianco, tra le prime in Italia. Occorreva promuovere e far conoscere un territorio privo per ragioni storico-economiche di tradizione viticola e la soluzione museale, sulla scia di alcune realtà europee visitate durante i frequenti viaggi per comparazioni tecniche, apparve la più indicata.
Seguirono la pianificazione, da me proposta, la creazione di una piccola equipe di studiosi a supporto e letture senza confine: ricerche d’archivio, inchieste e studi sul territorio. La scelta del Palazzo Graziani-Baglioni fu apposita nella volontà di contestualizzare il Museo; trattasi di una residenza estiva gentilizia del XVII secolo in cui la pars dominica ingloba a fianco la rustica e la fructuaria, vago richiamo alla Villa romana.
Il MUVIT è davvero un museo ricco di testimonianze storiche importanti. Venti sale ripercorrono una storia lunga secoli. Può descrivere, in breve, com’è articolata la visita e quali oggetti, attrezzi, reperti, maggiormente di valore, è possibile visitare?
La viticoltura costituisce il filo conduttore del percorso museale; ad esso si ricollegano le singoli sezioni ognuna delle quali è esaminata sotto molteplici aspetti. Dalle origini e diffusione della viticoltura, al vino nell’alimentazione, nella medicina, dalla mitologia alla simbologia passando attraverso gli aspetti tecnici inerenti vite e vino. Raccolte archeologiche dal III millennio a.C. alla tarda romanità, ceramica dal XIII secolo all’età contemporanea, incisioni e disegni da Mantegna a Picasso, editoria antiquaria a altre testimonianze di arti decorative ripercorrono oltre 5000 anni di storia e cultura della vite e del vino. Tra le opere più importanti si segnalano la produzione cicladica e i versatoi ittiti del III millennio a.C., la kylix di uno degli esponenti dei Piccoli Maestri (VI-V secolo a.C.) con la scritta “Phrinos mi portò a termine, sii allegro”, la Hydria del XIV secolo con falconiere leontiforme e sirena bicaudata e coronata; la Fiasca da parata della Bottega dei Fontana (1560-1570) interessante per la composizione risultato di più cartoni con le Tre Grazie di Raffaello dal Pennacchio di Psiche alla Farnesina e altri tratti soggetti tratti da Giulio Romano.
Si segnala, inoltre, l’ampia presenza di vasellame amatorio, il Piatto di Mastro Giorgio, firmato e datato 1528 con Infantia de Bacho e altri istoriati rinascimentali di sicuro rilievo; per le opere contemporanee il Piatto di Joe Tilson con Dionysos Eydendros, la Baccante di Caruso, le Leggendo Euripide di Pianezzola e la duplice presenza di Jean Cocteau, il Piatto con Satiro e la Coppa antropomorfa femminea in vetro. Per le incisioni figurano i nomi più noti tra gli incisori italiani, francesi e fiamminghi, Mantegna, Carracci, Sante Bartoli, Piranesi, Goltzius, i Sadeler, Picasso, per citarne alcuni.
Il Museo è diviso in sezioni, un lavoro meticoloso di selezione in cui è evidente il suo intervento come storica dell’arte. Quanto il suo sapere si è rivelato illuminante per ricostruire nei dettagli il passato vinicolo della regione?
La mia formazione è stata imprescindibile per impostare il percorso museale che non si rivolge solo alla storia vinicola della regione (affidata a esperti) ma oltrepassa i confini, trattando della viticoltura in ambito internazionale e rivolgendosi a quanti interessati a grande respiro al vino.
Quale tipologia di visitatore prevale: turismo locale, Internazionale, scolaresche?
In generale, prevalgono il turismo internazionale e quello italiano con un buon afflusso di scolaresche; in questa particolare congiuntura storica segnata dal dilagare dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, il turismo è solo italiano, locale con sporadiche presenze internazionali. Le scolaresche sono, attualmente, assenti in virtù delle restrizioni imposte.
Che ruolo ricoprono musei come il MUVIT nella divulgazione della cultura vinicola, soprattutto tra i giovani?
Un principio base seguito nell’affrontare la pianificazione del museo è quello di far conoscere ai giovani la bevanda affinché ne facciano il saggio uso che la stessa richiede, il “bere consapevole”. Il percorso realizzato “Ad altezza di bambino” a “A misura di famiglia” ne è conferma, contribuendo a promuovere i valori della natura e del lavoro dell’uomo, della storia e della mitologia.