Credits: Gianni Menotti Enologo
L’obiettivo primario di un enologo è di riuscire a donare al titolare dell’azienda vitivinicola e, quindi, anche al consumatore finale, il “vino perfetto”, valorizzando e ottimizzando al meglio il frutto degli dei: le uve.
Il vino “perfetto” esiste veramente? Qualcuno ha definito il vino perfetto quello che incontra i favori dei produttori, altri quello dei consumatori. C’è chi, inoltre, sostiene che il vino perfetto è quello privo di difetti, eppure sappiamo che, talvolta, una piccola imperfezione può trasformarsi in un valore aggiunto, un esempio su tutti i vini “brettati”, amati e odiati, allo stesso tempo.
Aggiungendo un nuovo capitolo alla rubrica, che dà voce agli enologi, ci rivolgiamo alla fonte più autorevole per comprendere se il vino perfetto esiste e in che misura.
Chi, meglio di un enologo può conoscere la fatica e le molteplici variabili che riguardano la produzione del vino dalla vigna all’imbottigliamento. Eppure, spesso, i giudizi più spietati sul vino arrivano da chi degusta solo il prodotto finale senza aver assistito all’intero percorso produttivo. Per questo, solo un enologo può, realmente, sapere se esiste il vino perfetto e quando lo stesso può definirsi tale, secondo la sua esperienza.
Credo che “perfetto” sia un’espressione non appropriata per il vino, perché le mille sfaccettature per definirlo organoletticamente siano già troppe per farle coincidere tra tutti coloro che lo degustano. Poi, la perfezione non è di questo mondo. Ma è meglio così soprattutto perché vorremmo sempre raggiungere la perfezione e visto che non esiste saremo sempre a rincorrerla come in una curva asintotica. Questo è stimolante, per noi enologi, poter costantemente cercare la “perfezione”.
C’è un difetto che teme particolarmente?
Senza ombra di dubbio il Brett, insieme all’eccessiva riduzione.
Quali sono le operazioni, o le strategie, che mette in atto per evitare che tale problema possa presentarsi?
Ripongo sempre la massima attenzione nel prevenire questi difetti. Esistono strategie biologiche che partono dall’uva per poi arrivare al vino che consentono di di evitare il Brett. Per la riduzione c’è solo la massima attenzione nei passaggi tecnici durante e dopo la vinificazione. Per quanto riguarda la cura spero sempre di non arrivare al verificarsi del problema perché comunque il risultato enologico non sarebbe mai lo stesso.
Un suo pensiero sui vini “brettati”: difettati a prescindere oppure un’esperienza interessante comunque?
Come già sottolineato precedentemente questo è un problema molto importante, perché il vino Brettato non è quello che vorrei in quanto il difetto è assolutamente distorcente il valore organolettico di quel vino. Qualcuno ne aveva fatto addirittura un pregio che io assolutamente non condivido.