Vino & Altre Storie

Nicola Angiuli: professione importatore

Written by Veronica Lavenia

Nicola Angiuli, co-fondatore di Francoli USA, è una delle figure chiave dell’import/export per gli Stati Uniti. Da alcuni decenni, il meglio dell’Italia vinicola trova spazio nel Nuovo Continente anche per merito del lavoro capillare di Angiuli, capace di proporre non solo i classici ma anche vini di nicchia come egli stesso spiega qui.

Quella dell’importatore di vino è una professionalità cruciale per mantenere florido il mercato di settore. Conosciamo ancora meglio altri aspetti di questa professione dall’esperienza di Nicola Angiuli.

© Nicola Angiuli- FRANCOLI USA

Il mercato vitivinicolo esercita una forte attrazione e sono in molti, soprattutto tra i giovani, a voler intraprendere una carriera come quella dell’importatore. Nell’immaginario collettivo, l’importatore è una figura potente che può incidere in modo importante sul successo di un’azienda all’estero. In particolare, nel settore vinicolo, un’etichetta diventa vincente se presentata da un importatore capace. Un mestiere gratificante ma che richiede conoscenza, studio, capacità comunicativa ed altro. Che consigli darebbe a chi desidera avvicinarsi a questa professione?

Ciò che serve, prima di tutto, è la conoscenza dei prodotti che si vuole importare. Se si decide di importare vini Italiani bisogna conoscere quasi o ogni tipo di vino che viene prodotto in tutte le regioni. Come viene prodotto quel vino ma anche il prezzo di uscita al consumatore perché questo incide tanto sull’importazione. Bisogna, inoltre, capire come funzionano i principali acquirenti del prodotto, nel caso del vino negli Stati Uniti, il riferimento è alla ristorazione, enoteche e catene.

Inoltre, è importante muovere i primi passi, iniziando a lavorare con una ditta o anche diverse ditte nel settore, sia con un importatore piccolo che con un importatore grande. Con l’importatore grande inizi a capire come si stabiliscono prezzi, che tipo di marketing bisognerebbe usare, quale margine si dovrebbe dare a un negozio o al distributore. Bisogna imparare come si fa a lavorare con gli agenti della distribuzione e i vari fattori che incidono nel mestiere. Ogni Stato ha le sue regole e la propria licenza e un bravo importatore deve conoscere ed informarsi. Come in Europa, la Germania ha regole diverse dall’Italia ma ci sono regole comunitarie simili, lo stesso vale negli Stati Uniti: in California bisogna avere una licenza per il vino e la birra e una licenza diversa per i superalcolici, mentre la Pennsylvania ha una licenza sola ma è un Control State, il che vuol dire che le bevande alcoliche vanno autorizzate dallo Stato, vendute a esso ed è poi lo Stato a rivenderle a livello locale. Un’altra differenza fondamentale con l’Europa è la dissomiglianza tra le figure dell’importatore e del distributore: un importatore in America si occupa di mantenere i contatti con il produttore, di cercare distributori, di creare strategie di marketing ma la vendita diretta a ristoranti, enoteche e negozi è compito del distributore.

Certamente, la conoscenza base è l’elemento più importante. Una persona deve avere già una formazione sui vini,  non solo Italiani ma di quelli prodotti in tutto il mondo, in modo da conoscere la competizione e offrire dei paragoni con altri vini più conosciuti o più di moda. Gli studi che una persona svolge sono altrettanto rilevanti, ma non si devono fermare alla laurea. Un importatore di successo studia sempre strategie nuove, mercati nuovi, vini nuovi. Io studio sempre un distributore nuovo prima di presentargli il mio portfolio in modo tale da capire se è il distributore giusto per i miei prodotti, quali prodotti può preferire. Bisogna anche studiare il pubblico per cercare di prevedere quale sarà la prossima moda. Un esempio: vent’anni fa, e anche più, andava di moda l’Asti, adesso è popolare il Prosecco. L’imprenditore di successo è colui il quale ha potuto prevedere questo cambio attraverso lo studio e l’osservazione. In questo lavoro non si smette mai di imparare e la curiosità e la fame di conoscenza sono la miglior base.

Detto questo, devo aggiungere un’ultima cosa: l’aspetto umano. Un leader, in qualsiasi campo, deve essere carismatico, sì, ma i veri leader di successo sono sempre persone che non si sono montate la testa e che sono rimaste con i piedi per terra. Bisogna ricordarsi che si sta interagendo in primis con degli esseri umani e non con dei clienti, bisogna saper parlare ma, soprattutto, ascoltare cosa dicono gli altri, mettersi sempre nei panni dell’interlocutore, non partire dal presupposto che tu sei migliore dell’altro solo perché stai tenendo un seminario su un vino.

© Nicola Angiuli- FRANCOLI USA

Se è vero che gli importatori di vino sono sempre in cerca di etichette da inserire nei mercati esteri, è altrettanto vero che, per alcune aziende, soprattutto,  piccole e medie, non sempre è facile trovare un importatore adatto alle proprie esigenze e, soprattutto, affidabile. Quali consigli può dare in merito alle aziende, magari giovani,  in cerca di importatori?

Noi riceviamo migliaia e migliaia di e-mail ogni giorno di produttori che vogliono proporci i loro vini e/o superalcolici ma non tutte le proposte sono poste in modo tale da catturare la mia attenzione. Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di fare anche delle domande all’importatore quando si presenta il proprio prodotto. In Italia, i produttori non fanno abbastanza domande e sono sempre io a dover immaginare quali domande mi farei se fossi al posto loro. Sembra che una volta entrato nel mercato Statunitense il produttore abbia trovato il dollaro sulla pianta, in realtà, non è così. Gli Stati Uniti sono un mercato totalmente diverso dall’Europa; un mercato difficilissimo, tenendo conto che importa tutti i vini del mondo, senza contare quelli che produce. Sono pochi i produttori che capiscono realmente l’importazione dalla A alla Zeta, ovvero, come ribadito, a livello di produzione, distribuzione, importazione e a livello legale. Quello che succede se il produttore non fa delle domande precise e le risposte dell’importatore non sono precise è il fallimento. Una domanda che io suggerirei di chiedere é: “In quanti Stati lavora l’importatore?” o: “L’importatore è anche distributore o solo importatore?”. Un’altra domanda che non mi fanno mai è se i prezzi di distribuzione al consumatore saranno nazionali o se ci saranno prezzi diversi a seconda del mercato, oppure se l’Importatore ha delle licenze statali e in quali Stati.

Con queste, e altre domande, un produttore si rende conto di che pasta è fatto l’importatore e viceversa. Senza contare che il produttore deve chiedere all’importatore la domanda principale: chi sono i concorrenti negli Stati Uniti dei miei prodotti? Se l’importatore non sa rispondere a questa domanda il produttore deve cercarsi un altro importatore.

L’investimento che deve fare un produttore con un importatore è molto ampio perché deve essere un investimento di minimo tre anni. Bisogna fare crescere la pianta. Così come si inizia a mettere la barbatella e bisogna farla crescere in un vigneto, anche il produttore deve venire negli States a visitare l’importatore e, poi, assieme, andare anche a visitare certi distributori scelti con l’importatore. Così come il produttore va a visitare le vigne, egli deve anche visitare non solo l’Importatore ma anche i diversi distributori. In alternativa, il produttore può fissare un unico target. Ad esempio, iniziare a fare crescere il suo prodotto a New York. Da lì, piano piano, ha inizio questo matrimonio tra il produttore e l’importatore e, come tutti i matrimoni, può andare bene ma anche male. C’è sempre, però, da lavorare insieme a questo matrimonio per cercare di farlo funzionare e di farlo crescere.

Le recensioni aiutano davvero tanto. Se un produttore mi contatta e ha delle recensioni positive, inizia a fare domande giuste, allora io punto maggiormente su quella cantina. Come in ogni matrimonio, inoltre, il fattore più importante rimane il feeling tra produttore e imprenditore.

© Nicola Angiuli- FRANCOLI USA

Immagino lei riceva numerose proposte da parte delle aziende. In quali casi, non ritiene proficuo esportare negli USA un’etichetta?

Se non ha un buon packaging è difficile esportare. Qui, il vino si compra prima con gli occhi. Non il gusto del vino ma la vista è il primo senso che entra in contatto con una bottiglia di vino. Sono interessato a ditte con vigneti di proprietà, rispetto a  chi acquista l’uva altrove. Un altro punto discriminante riguarda come vengono coltivati i vigneti: sono coltivati con agricoltura biologica, sono coltivati con agricoltura ecosostenibile, la cantina usa energia rinnovabile? Per me è molto importante che la cantina sia green.

L’invecchiamento avviene in cemento, in acciaio, in legno o entrambi. Se in legno, che tipo di legno: americano, francese? Perché ogni legno ha il suo gusto e si abbina diversamente con i vari vitigni. Queste sono le basi dalle quali inizio a studiare e capire la cantina per una eventuale selezione. Poi, certamente, guardo i vini che penso andranno di moda oppure quelli con buon rapporto qualità-prezzo. Detto questo, contano molto anche le recensioni e i social media.

© Nicola Angiuli- FRANCOLI USA

L’eccellenza vinicola Italiana è alla base di Francoli USA.  Nell’arco della sua carriera  le è capitato di aver sopravvalutato dei vini che poi non hanno avuto il riscontro previsto negli USA e, viceversa, sottovalutato delle etichette rivelatesi poi vincenti?

Questa domanda mi è stata posta spesso. Vent’anni fa, rispondevo che i vitigni prossimi a sfondare sarebbero stati L’Erbaluce, che cresce in Piemonte,  e il  Pecorino, che cresce molto bene in Abruzzo e nelle Marche. Entrambi, non solo possono anche sostenere il legno come fermentazione e invecchiamento ma sono anche due vitigni molto ampi, con i quali si possono ottenere degli ottimi risultati. Però, non hanno mai avuto successo come credevo.

Un vino che, al contrario, anni fa ho sottovalutato è stato il Prosecco. Meglio così perché in Italia produciamo degli ottimi Spumanti non solo in Veneto ma anche in diverse regioni.

C’è uno Stato Americano che, più di altri, è maggiormente interessato alle vostre proposte?

Quando si parla di Stati Uniti si deve anche capire quali Stati attirano il mercato. Un produttore Italiano deve comprendere che solo certi Stati sono importanti per esportare il vino, uno di questi Stati è New York, che, personalmente ritengo la capitale del mondo. È una città affamata di novità. New York, Los Angeles, e San Francisco, sono tra le città che fanno moda più delle altre. Ci sono anche altre città di rilievo come Miami e Chicago, che io adoro. Non me ne vogliano male gli altri mercati. Ho molti amici in Arizona, in Texas, mi trasferirei a New Orleans domani e ho amici in quasi ogni Stato degli Stati Uniti d’America. Sono tutti mercati importanti per me e ogni Stato ha i suoi pregi e i suoi difetti: la concorrenza a New York, ad esempio è, a dir poco spietata, mentre la California soffre della distanza dall’Italia.

© Nicola Angiuli- FRANCOLI USA

Su quali proposte Italiane punta Francoli USA per il Natale 2021 e per il 2022?

Il Natale del 2021 sarà un Natale dove spero si possa dire che il Covid è un po’ alle nostre spalle, sia per il vaccino sia perché abbiamo iniziato a capire come conviverci. Pertanto, auspico possa essere un Natale con cui guardare con un sorriso al 2022. Noi abbiamo lavorato tanto nel 2020 e nel 2021 anche se sono stati anni molto difficili. Abbiamo lavorato molto per cercare di cambiare i distributori che non erano proprio i migliori per alcuni prodotti, iniziando a lavorare con nuovi distributori in certi Stati e i risultati stanno già arrivando.

Il 2022, dovrebbe farci tornare più forti di quello che eravamo prima. Perché una cosa è vera qui in America: ogni volta che c’è un disastro riusciamo a diventare più forti. Questo è accaduto dopo l’11 di Settembre, è accaduto dopo la caduta del mercato del 2009 e accadrà adesso con il Covid. Nel 2022,si ritornerà più forti di quanto eravamo nel 2019 e sarà come la nostra nazionale di calcio: dopo non essersi qualificata al mondiale ha vinto l’Europeo.

About the author

Veronica Lavenia

PhD.
Writer, book author, essayist and magazine contributor, some of her works have appeared in the most popular International magazines.
Digital Content Manager and Communication Manager at "The Wolf Post", since the birth of the platform.

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