Credits: Mario Ronco Enologo
L’obiettivo primario di un enologo è di riuscire a donare al titolare dell’azienda vitivinicola e, quindi, anche al consumatore finale, il “vino perfetto”, valorizzando e ottimizzando al meglio il frutto degli dei: le uve.
Il vino “perfetto” esiste veramente? Qualcuno ha definito il vino perfetto quello che incontra i favori dei produttori, altri quello dei consumatori. C’è chi, inoltre, sostiene che il vino perfetto è quello privo di difetti, eppure sappiamo che, talvolta, una piccola imperfezione può trasformarsi in un valore aggiunto, un esempio su tutti i vini “Brettati”, amati e odiati, allo stesso tempo.
Aggiungendo un nuovo capitolo alla rubrica che dà voce agli enologi, ci rivolgiamo alla fonte più autorevole per comprendere se il vino perfetto esiste e in che misura.
Chi, meglio di un enologo può conoscere la fatica e le molteplici variabili che riguardano la produzione del vino dalla vigna all’imbottigliamento. Eppure, spesso, i giudizi più spietati sul vino arrivano da chi degusta solo il prodotto finale senza aver assistito all’intero percorso produttivo. Per questo, solo un enologo può, realmente, sapere se esiste il vino perfetto e quando lo stesso può definirsi tale, secondo la sua esperienza.
La capacità di degustazione di alcuni professionisti è molto elevata, la loro conoscenza dei vini del mondo anche. Esiste, inoltre, il gusto personale che indirizza sempre la scelta di una valutazione. Senza considerare la situazione contingente alla degustazione stessa, allo stato psico-fisico del degustatore in quel particolare momento (che sia raffreddore o litigio con il partner tutto può influire), io penso che la differenza tra un enologo e un degustatore professionista sia, soprattutto, sulla capacità di intuire l’evoluzione futura di un vino. Tutto ciò, è logico perché l’enologo segue il processo a partire dall’uva e ha una visione chiara della curva di evoluzione di un vino.
C’è un difetto che teme particolarmente?
Ce ne sono diversi ma quello che più temo, data l’impotenza di evitarlo totalmente, sono le deviazioni dovute alla cattiva evoluzione di un vino: che siano problemi dovuti alla chiusura o allo stato di conservazione della bottiglia, da cui il famoso detto : non esistono grandi vini ma solo grandi “bottiglie”. Se la conservazione è perfetta le due cose coincidono.
Quali sono le operazioni, o le strategie, che mette in atto per evitare che tale problema possa presentarsi?
Il controllo puntuale dei vini all’imbottigliamento, la scelta opportuna delle chiusure, la conservazione in cantina e il trasporto. In seguito, ci si deve affidare alle cure di altre persone. In ogni caso, la corretta conservazione della bottiglia, del prodotto finito, presso l’utilizzatore finale, è veramente importante.
Un suo pensiero sui vini “Brettati”: difettati a prescindere oppure un’esperienza interessante comunque?
Il mio pensiero a tal proposito è chiaro: esistono delle deviazioni e malattie codificate nei vini, io le considero come tali. Quando la concentrazione di alcuni composti varca la soglia di percezione e diventa riconoscibile per me il vino è difettoso. Le faccio un esempio: se un uomo si rompe un braccio, che sia un Esquimese che vive tra i ghiacci del Nord o un Masai del Kenya, resta un uomo con il braccio rotto, un problema per entrambi: non c’è terroir! In passato, ho anche assaggiato vini con odori di muffa, svanito o acetoso spacciati per tipici…