Vino & Altre Storie

Isabel Allende: Spirito di vino e altre storie

Written by Veronica Lavenia

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“Nettare degli dei, consolazione dei mortali, il vino è un intruglio meraviglioso che ha il potere di togliere le preoccupazioni e darci, anche solo per un attimo, la visione del Paradiso”.

Isabel Allende

© Isabel Allende-Image by Lori Barra

25 libri all’attivo, tradotti in 42 lingue, oltre 75  milioni di copie vendute nel mondo, numerosi premi letterari Internazionali e onorificenze (come la  Medaglia Presidenziale della Libertà conferitagli dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama), questi alcuni dei numeri di Isabel Allende, la scrittrice vivente di lingua spagnola più letta al mondo.

Nata in Perù, dal matrimonio tra Francisca Llona Barros con il diplomatico Tomás Allende Pesce, cugino dell’ex presidente Cileno Salvador Allende, dopo la separazione dei genitori, all’età di tre anni, Allende, torna in Cile dove vive con la madre e i fratelli fino al 1953. Successivamente, la scrittrice si trasferisce prima in Bolivia e poi in Libano, a Beirut,  insieme al secondo marito della madre, anch’egli diplomatico. Nel 1958, Isabel Allende torna nuovamente in Cile e si avvicina alla scrittura, lavorando come giornalista.

Nel 1975, a seguito dell’insediamento della dittatura militare in Cile, l’autrice di “Eva Luna” lascia il Paese con la sua famiglia, trasferendosi in Venezuela dove vive per tredici anni. Lì, inizia la sua carriera di romanziere con la pubblicazione, nel 1982, del best seller “La casa degli spiriti”. Il successo planetario prosegue con i successivi romanzi e gli adattamenti cinematografici di alcuni suoi successi.

Alla fine degli anni Ottanta, la scrittrice di “Lungo Petalo di mare” si trasferisce negli Stati Uniti. Qui, prosegue la sua brillante carriera, interrotta nel 1991 (anno in cui esce “Il Piano Infinito”), a causa di una rarissima malattia (la porfiria) che colpisce la figlia, Paula, provocando la morte poco dopo, a soli 29 anni. Una tragedia che allontana Allende dalla produzione letteraria. Tornerà nel 1994 con il libro autobiografico “Paula”, dedicato a sua figlia.

Dal 1997, Isabel Allende, con “Afrodita”, inizia la sua fase più prolifica  con la media di un libro all’anno, la cui scrittura inizia ogni 8 gennaio.

Un trionfo dopo l’altro che posiziona l’autrice di “Donne dell’anima mia” nell’olimpo della narrativa contemporanea, unica donna di quel periodo felicemente prolifico della narrativa ispanoamericana.

Una vita intensa, i cui primi cinquant’anni sono raccontati nella miniserie di tre episodi “Isabel”, presentata in anteprima in America Latina e Spagna sulla piattaforma Amazon Prime Video, di cui Allende ha fornito foto e video.

Nella sua produzione letteraria, Allende ha affrontato vari generi e altrettanti temi: romanzo politico, storico, autobiografico, infantile, mostrando una rara versatilità nel trattare tematiche differenti. Un talento sopito fino ai quarant’anni di età quando, con il nonno morente in Cile, l’autrice di “Inés dell’anima mia” inizia a scrivere una lettera, dove i ricordi d’infanzia, la nostalgia del Cile, del lavoro e degli amici, diventano, inconsapevolmente, materiale narrativo per “La Casa degli Spiriti”.

Arrivare in vetta alle classifiche di vendita, può essere, in certi casi,  anche una combinazione di circostanze favorevoli. Mantenere quella vetta, pubblicando con costanza best sellers, avendo la capacità di adattare scrittura, tematiche e tecniche narrative ai tempi che, inevitabilmente, mutano, senza, per questo “tradire” i lettori, è caratteristica esclusiva degli scrittori di razza, nonché di raro talento. Isabel Allende è tutto questo e con la sua ultima fatica letteraria “Violeta” (2022) conferma ancora, se ve ne fosse bisogno, carisma e abilità narrativa.

© Isabel Allende- Violeta

Strettamente legata alla contemporaneità ma, come sempre, altrettanto connessa ai ricordi e alle esperienze personali, con “Violeta”, l’autrice de “L’amante Giapponese” regala uno spaccato di vita  vissuta tra due pandemie, la spagnola del 1920 e  il Covid19.

Il materiale da cui Allende ha preso spunto per la narrazione è, tra l’altro, il carteggio tra lei e l’amata madre. Nelle quasi 24.000 lettere che la scrittrice  de “Il mio paese inventato” ha dichiarato di possedere della madre è conservato il racconto in dettaglio di una vita. Alla morte della donna, avvenuta nel 2018, all’età di 98 anni, l’istinto di raccontare la lunga e intensa vita di Pachita era forte ma, al contempo, troppo vicino ancora il dolore per raccontare con il giusto distacco un amore così immenso.

“Violeta” è il compromesso migliore dove fantasia e realtà, sono, come sempre, abilmente intrecciate, dando vita a un personaggio che ricorda, in parte, il profilo della madre ma se ne allontana, al contempo,  per altri aspetti.  Un altro splendido ritratto femminile, dove non mancano riferimenti a un certo tipo di società, classista, poco liberale, maschilista.

Violeta è colei che prova a scardinare i dettami di una generazione che fatica ad accettare diversità e libertà nelle loro più ampie accezioni.

Alcuni temi del romanzo, come la violenza sulle donne, sono ancora tristemente attuali e non solo in America Latina.

Allende racconta la società, mettendo a nudo limiti, vizi, debolezza e forza di personaggi che, proprio per questo, diventano credibili.

La forza e l’audacia che l’autrice de “Il quaderni di Maya” regala a Violeta è quella che avrebbe desiderato per la madre, impossibilitata, a differenza del personaggio, di mantenersi economicamente e la stessa che auspica per tutte le donne del mondo ancora senza autonomia economica.

Isabel Allende è contemporanea come poche e tale capacità di vivere il suo tempo, senza dimenticare le origini, la rendono amata anche dalle generazioni più giovani.

Una passione per vari aspetti della vita che l’autrice ha raccontato anche in uno dei suoi best sellers, “Afrodita”, dove la cucina, il buon cibo e un calice di vino diventano strumenti di piacere e convivialità.

In questa intervista la scrittrice cilena racconta del suo ultimo romanzo e ci regala alcune considerazioni sullo “Spirito di vino”.

© Isabel Allende-Image by Lori Barra

Signora Allende, con “Violeta” lei conferma quanto, nonostante i suoi decenni vissuti negli Stati Uniti, ormai naturalizzata statunitense, il Cile sia il luogo dove memoria, passioni e speranze si intrecciano indissolubilmente. Non solo. Nel romanzo, attraverso le vicende di Violeta, è l’America Latina a essere attraversata e raccontata. In che misura, dopo tanti romanzi e altrettante vite narrate, questo meraviglioso continente, a tratti ancora tormentato, riesce a sorprenderla ed è per lei continua fonte di ispirazione?

Sono stata straniera per tutta la vita, prima come figlia di diplomatici, poi come rifugiata politica e ora come immigrata. Dove sono le mie radici? Per qualche strana ragione, sono in Cile, anche se ho vissuto la maggior parte della mia vita all’estero. Nella mia scrittura torno costantemente al paesaggio e alla storia del Cile. Molto è cambiato in America Latina – soprattutto in Cile – durante la mia vita, ma lo spirito è rimasto intatto. Non rimarrò mai senza storie. Il mio continente mi darà sempre materiale in abbondanza per i miei libri.

“Violeta” è anche il ritratto dell’evoluzione della società, con le ambizioni, le avidità, le passioni che, da sempre, muovono il mondo, un mondo dove le donne faticano spesso a trovare il “loro posto”, senza dovere dipendere da un uomo. Lei ha dedicato tutta la sua vita nel dare voce alle donne, non solo attraverso i suoi romanzi. Quanto la sua esperienza personale incide nella sua volontà di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’emancipazione vera e non fittizia della donna, soprattutto in certe parti del mondo?  

Sono nata nel 1942 in una famiglia e società conservatrice, cattolica, patriarcale e maschilista. Sono stata cresciuta per essere una moglie e una madre ma mi sono ribellata molto presto. Il mio viaggio personale per sfuggire alle restrizioni imposte alle donne e avere il controllo della mia vita non è stato facile ma le ricompense sono state grandi. Sono una femminista da quando ho memoria. Anche prima di conoscere la parola o il concetto di femminismo, stavo lottando per l’indipendenza e per essere rispettata. Come giornalista e ora come scrittrice racconto storie di donne forti e resilienti. Ho anche una fondazione la cui missione è investire nel potere delle donne e delle ragazze. Lavoriamo con i più vulnerabili ea rischio.

© Isabel Allende- Images by Lori Barra

Nella sua vita la passione è stimolo per vivere pienamente, come ha dimostrato nel fortunato “Afrodita”. In uno dei passi del libro si legge: “Il piacere carnale più intenso, goduto senza fretta in un letto disordinato e clandestino, combinazione perfetta di carezze, risate e giochi della mente, sa di baguette, prosciutto, formaggio francese e vino del Reno”.  Quali vini da lei degustati nel corso della sua vita, le hanno suscitato e suscitano, tuttora, piacevoli emozioni? Tra questi, annovera anche vini Italiani?

La scena descritta in “Afrodita” è una delle esperienze più care della mia vita, un amore clandestino e una bottiglia di vino tedesco. Erano passati 35 anni e il ricordo mi fa ancora sorridere. E io ho 80 anni! Ho anche bei ricordi di alcuni vini italiani, come Giacomo Conterno e Angelo Gaja che ho avuto in un tour del libro, e di alcuni bianchi come Greco Di Tufo, Trebbiano e Verdicchio, in luna di miele sul lago di Como. Credo che se ho intenzione di assumere calorie, è meglio bere vini davvero buoni. La vita è troppo breve per bere vini a buon mercato.

© Isabel Allende- Images by Lori Barra

Il vino è cultura e storia di popoli. Un tempo, il mondo vitivinicolo era prettamente maschile mentre oggi non sono più un’eccezione le donne titolari di cantine, enologhe o scrittrici di vino. In fondo, vino e letteratura hanno alcune caratteristiche comuni. Per “essere regalati al mondo” hanno bisogno della perseveranza, di un lavoro costante e anche dell’attesa. Chi meglio di una donna può rappresentare tutto ciò? Concorda?

Sono molto felice che le donne siano entrate nell’industria del vino con tanta forza e successo, sebbene non credo che l’enologia, come la letteratura, abbia il genere. Le donne, gli uomini e tutti gli altri che non rientrano in una categoria binaria possono avere il cuore e il talento per creare vini meravigliosi, se hanno il terreno e il clima adeguati.

© Isabel Allende-Image by Lori Barra

Ha mai pensato di ambientare un romanzo o un racconto in una cantina, magari nell’amato Cile, nella generosa Valle Central o del Curicó?

Sì, ho pensato alla storia di un enologo che ha vigneti in Cile e California, una sorta di complicata saga familiare. Spero di vivere abbastanza a lungo per scrivere tutte le storie che ho in testa.

About the author

Veronica Lavenia

PhD.
Writer, book author, essayist and magazine contributor, some of her works have appeared in the most popular International magazines.
Digital Content Manager and Communication Manager at "The Wolf Post", since the birth of the platform.

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