Kellermann Editore prosegue, anche nel 2022, il suo impegno per la divulgazione della cultura del vino con la pubblicazione del volume “Primitivo: il vino dei due mondi” di Antonio Calò e Angelo Costacurta.
Gli autori sono figure eminenti del settore. Antonio Calò è Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, membro dell’Accademia dei Georgofili, già direttore dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura e docente presso l’Università di Padova. Calò ha, inoltre, all’attivo numerose pubblicazioni.
Angelo Costacurta, direttore con Sergio Stazzer della collana Grado Babo, di cui fa parte “Primitivo”, è uno degli studiosi di viticoltura più quotati a livello internazionale, nonché ricercatore del Ministero dell’Agricoltura. É stato responsabile scientifico di diversi progetti nazionali e internazionali, concernenti le risorse genetiche viticole e ha diretto il Centro per la ricerca in viticoltura del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura. Ha insegnato, inoltre, nelle Università di Udine e Padova ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e storiche.
Gli studiosi raccontano la genesi di un vino antico, complesso, tra i più esportati al mondo, contestualizzando storicamente (come sempre accade con le pubblicazioni della già citata collana) il vitigno, legandolo ai territori di origine e non solo.
La storia del Primitivo, infatti, parte da lontano, da quei coloni greci fondatori, nel VIII secolo a.C., nella Puglia meridionale, della città di Taras (oggi Taranto), per poi proseguire con le numerose colonie romane, l’invasione dei Normanni, fino al controllo da parte della Corona Spagnola e all’annessione al Regno d’Italia nel 1861.
“[…] l’uomo non dialogava ancora con l’alfabeto, ma aveva già stabilito un legame unico, preciso e indissolubile, un legame che non ha riscontri con altre produzioni della terra, fra la vite ed il suo prodotto, il vino, come dimostrano già alcuni pittogrammi sumeri della fine del IV millennio a.C.”, affermano Calò e Costacurta.
Nel volume, dopo una interessante prefazione di Sergio Tazzer su Antonio Calò, definita “autorità scientifica nel mondo della ricerca vitivinicola”, l’autore approfondisce la storia delle “Puglie Viticole” a partire dall’epoca greca, tracciando, con dovizia di particolari la lunga tradizione vitivinicola della regione.
Come nacque il nome Primitivo? Storia e leggenda narrano di un religioso di Gioia del Colle, appassionato di botanica, don Francesco Filippo Indellicati, il quale alla fine del Settecento, individuò il vitigno simbolo della sua idea di rinnovamento viticolo. Un vitigno che fruttificava presto, il primo a maturare.
Ben presto, il Primitivo è ammesso alla coltivazione in tutte le province della Puglia, dove sono presenti le importantissime DOC, ma anche in altre del centro-sud.
“Il Primitivo è stato sempre utilizzato per ottenere vini rossi di corpo e di elevata gradazione alcolica (anche superiore ai 15° che lo rendevano ideale come vino da taglio. Ora le produzioni sono, viceversa, indirizzate a ottenerne ottimi vini da pasto, con caratteri ben distinti. (…) I vini che si ottengono sono doversi, dipendono dall’ambiente (clima e terreno) e dal tipo di coltivazione. (…) la produzione di Vino di Primitivo si aggira sul milione e trecentomila ettolitri con una potenzialità di circa 170 milioni di bottiglie”.
La fama del Primitivo ha varcato i confini nazionali, raggiungendo la California. Qui, raccontano gli autori, si trova un vino che gode di una importante reputazione dal colore rosso rubino e dal sapore speziato e fruttato: lo Zinfandel, prodotto con uva di Primitivo.
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Una storia lunga e complessa quella che unisce il Primitivo e lo Zinfandel e, quindi, due mondi così lontani, eppure uniti da una cultura millenaria, sapientemente narrata nel testo di Calò e Costacurta.
“Con l’ausilio della moderna genetica, la professoressa Carole Meredith dell’Università di Davis in California poté stabilire nel 1993 che Primitivo e Zinfindal avessero identico DNA, ossia fossero la medesima uva: tutto ciò aprì lo sguardo degli storici in direzione della Puglia. Tuttavia, non vi erano tracce di alcuna spedizione di Primitivo (…) verso la California”.
A Giovanni Antonio Albertin, membro dell’Accademia Italiana della cucina, il compito di chiudere il libro (ricco di un importante arredo fotografico) con percorsi culinari pugliesi “tra sapori e profumi di primitivo”.
“Le righe che seguono sono dedicate al ricordo di un particolare viaggio a due, da Taranto alla Costa Merlata (…). Inutile sottolineare che il protagonista delle nostre tavole e delle nostra risate estive è stato spesso lui, il Primitivo.
Ancora una volta Kellermann Editore conferma di essere la voce di punta del panorama editoriale vitivinicolo nazionale, consegnando al lettore (sia esso professionista o semplice amatore) un racconto affatto scontato, di spessore, ricco di informazioni utilissime ad arricchire la cultura di settore.