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Credits: Vincenzo Mercurio Enologo
“The Wolf Post”, ha già evidenziato, in precedenti interviste, quanto il cambiamento climatico fosse una realtà con cui confrontarsi oggi e non più domani.
L’estate 2022 sarà ricordata in Europa, in particolar modo, nel versante meridionale del Continente, come la più calda e siccitosa. La differenza rispetto ad altre stagioni, come la scorsa estate, risiede nella durata delle temperature elevate.
La siccità mette a dura prova l’agricoltura e il settore vitivinicolo non è escluso. In Italia, il Nord deve confrontarsi con una realtà nuova come il razionamento dell’acqua. Le prossime estati potrebbero esser ancora più calde.
Le sfide per l’enologo sono molteplici. Alla figura cruciale del settore chiediamo un pensiero sul tema e sulle problematiche attuali.
Il pensiero dell’enologo Vincenzo Mercurio.
Estate 2022: quali difficoltà, dovute alla siccità e al perdurare del caldo, stai riscontrando nel tuo lavoro, attualmente?
Guardando i dati analitici dei vini negli ultimi dieci anni non si può non notare un aumento graduale della gradazione alcolica; un abbassamento delle acidità totali; un aumento delle intensità coloranti e del contenuto di quercina nei vini rossi. innalzamento del pH, minor accumulo di alcuni aromi varietali; aumento della presenza di brettanomyces. Infine, si segnala una ridotta disponibilità di azoto prontamente assimilabile nei mosti e, di conseguenza, fermentazioni più difficili.
Come stai affrontando le eventuali emergenze, anche in vista della vendemmia?
In alcuni vigneti abbiamo evitato sfogliature e, in alcuni casi, anche le cimature, in modo da proteggere il più possibile i grappoli dal sole diretto, prontamente abbiamo lavorato il suolo in modo da chiudere le fessurazioni evitando di perdere umidità preziosa incamerata nel sottosuolo.
Differenze di criticità tra vigneti del nord e del sud (abituati, questi ultimi, a temperature estreme e siccità)?
Noto sempre di più la resilienza della vite, la capacità incredibile che essa ha ad adeguarsi e, quindi, a superare le sfide a cui il cambiamento climatico ci sta sottoponendo.
Nel corso dei secoli, ogni vitigno autoctono dopo un lungo vagare ha trovato il suo luogo ideale, e lì rimanendo ha continuato ad adattarsi ai microcambiamenti, con mutazioni genetiche la sua “adeguatezza” al luogo è divenuta elemento di forza e di unicità.
Fanno eccezione le varietà internazionali, tra cui lo chardonnay che è stato piantato ovunque, con risultati sempre meno interessanti per le zone più calde.
È un dato di fatto il sistema vigna tende ad adeguarsi al clima, ha una resilienza notevole.
Soprattutto le fasi enologiche di un vitigno in una determinata posizione ed in particolare l’epoca di maturazione, credo siano stati gli elementi di preferenza e scelta più importanti nel corso della storia.
La regolazione dell’evapotraspirazione è una tecnica fondamentale per la sopravvivenza delle piante. Quando le temperature salgono notevolmente gli stomi si chiudono e la pianta rallenta la evapotraspirazione, riducendo così il consumo di acqua. Ovviamente, in queste condizioni, la maturazione rallenta e quasi si arresta e se le temperature minime sono alte la pianta recupera energia dalla degradazione di composti organici tra cui l’acido malico.
Trovo in giro per vigneti problemi abbastanza diffusi a prescindere dalla latitudine. Il problema è globale nel mondo. In particolare nel, cosiddetto, Nuovo mondo la situazione è più complessa. Lì i fenomeni sono più accentuati, credo che l’Italia sia per posizione geografica e per germoplasma molto più resiliente.
Come si adatta il tuo lavoro in vista di tempi in cui il clima, tanto in estate come in inverno, condizionerà sempre più (e non positivamente) il lavoro degli imprenditori agricoli?
Il clima sta cambiando con una velocità crescente e soprattutto sta aumentando la frequenza di eventi estremi: trombe d’aria, temporali violenti, gelate, raffiche di vento, grandinate, siccità, irraggiamento eccessivo. Le tecniche di conduzione delle vigne, e le pratiche enologiche in cantina di conseguenza si stanno adeguando per poter affrontare questa sfida non facile, ma per gli eventi estremi c’è poco da fare.
Per il resto, l’unica via di uscita è comprendere l’enorme entità del problema, fare la nostra parte per ridurlo, sensibilizzare i nostri colleghi più scettici e ignoranti (nel senso che ignorano il problema).